Giglio Castello: Il più bel fior ne cogliamo sull’Isola dell’Igilion, la Terra dallo spirito selvatico di pietra
Giglio Castello. E cominciamo questo approfondimento con un omaggio floreale riservato a te. Dove siamo? Nel Comune di Isola del Giglio, in provincia di Grosseto, affacciati sul Tirreno. Perché proprio qui?
Affascinati dal toponimo, abbiamo deciso di approfondire l’argomento. E Giglio Castello è molto più di un semplice fiore. Nel titolo dell’articolo abbiamo osato, inserendo il motto dell’Accademia della Crusca parzialmente modificato. La prestigiosa Istituzione della Lingua italiana ha adottato il più bèl fiór ne còglie da un emistichio del Petrarca. Come spiega l’Enciclopedia Treccani.
Parimenti, anche a noi piace sbocciare come i fiori. Pertanto, ci siamo sentiti ispirati, inspirando in questo borgo dallo spirito selvatico. Di cosa stiamo parlando? Ti invitiamo a raccogliere i gigli insieme a noi. In questo cammino scopriamo le radici di Giglio Castello, svelandolo in tutta la sua bellezza purché avvolti dal suo profumo.
Indice
Giglio Castello: cogliamo insieme il più bel fior all’ombra dell’Igilion?
Quando pensiamo a Giglio Castello, in particolare ad un sostantivo che rievoca i fiori in qualche modo, subito dispieghiamo le narici. E qui, però, bisogna farlo con un po’ di cautela. Non preoccuparti che non corri alcun pericolo.
In effetti i fiori non mancano. Ma se l’Isola del Giglio si chiama così, il motivo è un altro. Ecco che crolla il mondo con tutte le sue certezze. Meglio così, se questo serve a farci conoscere la verità su qualcosa. Ebbene, da I Borghi Più Belli d’Italia scopriamo la vera origine del nome.
Si narra che Giglio Castello sarebbe stato chiamato così per via delle capre selvatiche che dominavano il Comune de l’Isola del Giglio. E questo cosa c'entra? Il nome sarebbe derivato da un termine della lingua greca, ossia Igilion che significa capra. Esso, successivamente, sarebbe stato adattato nel latino con Gilium.
Ecco perché ti suggeriamo di annusare con cautela. Va bene, ci scherziamo sopra un po’. Le capre, si sa, non eccellono per il loro profumo. Allora, meno male che ci sono i fiori a coprire qualunque odore sgradevole, eventualmente emanato. Non trovi?
Giglio Castello: La Terra profumata di fortezza e risorse minerarie
Lo sai che Giglio Castello è tuttora custodito dalla sua originale cinta muraria? E come si chiamava questo borgo, prima di essere ribattezzato? La Terra. Di nome e di fatto. Già, perché Isola del Giglio dispone di notevoli risorse minerarie.
Infatti, gli Etruschi se ne accorgono. Così, nell’VIII secolo a.C., essi vi giungono con l'intenzione di praticare uno sfruttamento intensivo. E di conseguenza, eccessivo. Si tratta, quindi di un'attività lucrosa che permette agli Etruschi di ricavare il ferro, minerale utile per la realizzazione di prestigiosi manufatti.
Ma il prato minerario che contraddistingue Giglio Castello non si colora soltanto di risorse minerarie. Oltre a queste, vi si costruisce una peschiera per murene. Tale attività ittica è testimoniata dai resti della Villa appartenuta ai Romani tra i secoli I e II a.C., i Domizi Enobarbi.
A volte i fiori vengono calpestati, barbaramente E così accade, ugualmente anche a Giglio Castello, purtroppo. Nel 410 l'invasione dei Goti mette in fuga molte persone, le quali trovano riparo presso le dimore dei patrizi romani. Tra i fuggiaschi c’è Mamiliano, vescovo di Palermo, che in seguito diventa il Patrono dell’Isola del Giglio.
Giglio Castello: un fiore conteso, tra gli usurpatori, apre i suoi petali alla ricerca di autonomia e stabilità
Come ogni fiore calpestato che si rispetti, anche se per modo di dire, riesce sia a resistere che a reagire. In natura i fiori sono capaci di spaccare l’asfalto. E questo vale anche per Giglio Castello.
Nell'805 Carlo Magno dona l’Isola ai monaci cistercensi di Aquas Salvias, l’abbazia romana delle Tre Fontane. Dopodiché, Giglio Castello diviene un fiore conteso tra famiglie diverse, che governano per conto di Firenze e Pisa. Chi la spunta? A quanto pare, Pisa, che riesce a farvi edificare un borgo cinto dalle mura intervallate dai torrioni.
In questa sorta di competizione per il dominio territoriale, Giglio Castello subisce svariati calpestamenti. E tra questi citiamo l’incursione subita dal pirata Barbarossa. Egli non si limita a depredare il Giglio. Dalle fonti storiche emerge che nella sua ultima invasione, il corsaro saraceno organizza la deportazione di circa 700 persone. E ci riesce, purtroppo. Di conseguenza, i civili si ritrovano prigionieri a Tunisi.
Quando risorge Giglio Castello? All'arrivo dei Medici, i quali ristabiliscono l'ordine civile nel borgo. Grazie all’aiuto di costoro, il fiore calpestato riuscirà a conquistarsi la tanto ambita (nonché meritata) autonomia, su di un terreno fertile di stabilità.
Giglio Castello: che aria tira, accarezzando questo bel fior?
Quali sensazioni proveresti, se visitassi Giglio Castello? Innanzitutto, l’atmosfera permeata dall’acqua, che scorre nel suo incessante ed eterno flusso. E tra le sue onde, essa stempera la paura arcaica insieme ai brutti ricordi delle incursioni saracene.
Come reagisce l’animo di chi non si abbatte davanti alle difficoltà? Facendo della sana ironia. A prova di ciò, a Giglio Castello vedrai dei locali di divertimento i cui nomi sono Saraceno e Barbarossa. Ma niente paura, perché il peggio è passato.
Attraverso le mura di granito che cingono Giglio Castello, scorgerai delle altre terre emerse, ossia:
- Giannutri;
- Montecristo, la più celebre soprattutto per via della sua fama cinematografica;
- Pianosa, in lontananza.
Tutto ciò è reso ancor più magico dall’amore espresso in dei quadri. Di cosa stiamo parlando? Per le strade di Giglio Castello incontrerai gli ex marinai che ritraggono i velieri, rifacendosi alla pittura in stile naïf.
Sebbene Giglio Castello sia un borgo modestamente piccolo, con all’incirca 600 abitanti, esso fa sentire la sua voce. In che modo? Mediante il vento che lo sferza costantemente. E tra raffiche e burrasche, La Terra cambia forma in tutte le sue forme, sprigionando un’energia che ti pervade, ma da decifrare. Allettante, vero?
Giglio Castello: quali fiori possiamo annusare in questo prato a ridosso del Tirreno?
Come raggiungiamo Giglio Castello? In autobus arriviamo al suo borgo medievale, ubicato in collina a 400 metri sul livello del mare. Da qui il panorama ci avvolge in un abbraccio che sa di sale, mare e vento.
Inoltre, se ci spostiamo sulla strada esterna alle mura, restiamo incantati alla vista delle terre attigue, ma anche della Corsica. E si vede perfino buona parte della costa continentale.
Recandoci a Giglio Porto, ammireremo:
- Le tradizionali case colorate;
- La Torre del Saraceno, voluta da Ferdinando II nel 1596;
- La Caletta del Saraceno, i cui resti ittici d’appartenenza romana, si scorgono dalla superficie dell’acqua.
Giglio Castello: la solidità del granito, l’animo difensivo e la forza dissetante dell’acqua
Come già accennato prima, Giglio Castello è circondato dalla cinta muraria. Ma qui aggiungiamo, innanzitutto, che essa d’origine medicea. La costruzione si presenta intervallata da tre torrioni, aventi base circolare. E sono tre anche le porte d’ingresso, costruite a ridosso di massi in granito.
Poi, uscendo da tale fortificazione, ci dirigiamo verso Piazza dei Lombi. E camminando, arriviamo alla Casamatta, che è una postazione difensiva. A dispetto del suo nome che può suscitare ilarità.
E se tutti questi passi ci mettono sete? Ecco che ci attende la Cisterna costruita nel 1800 per volere di Ferdinando III. Adesso scherziamo, ma in passato essa è servita ad assicurare l'approvvigionamento idrico durante gli attacchi invasori. C'era ben poco da ridere, allora.
Giglio Castello: La Terra indomita ricca di sorprese e svago
Giglio Castello, altresì nota come La Terra ci può sorprendere persino nello svago. Di fatto, il borgo è ricco di bellezze naturali. Qui puoi optare per delle escursioni in barca, che ti permettono di raggiungere sia le isole che le calette. Oppure puoi scegliere di praticare semplicemente nuoto.
E se hai voglia di divertirti, ci sono tanti locali in cui poter ascoltare la musica dal vivo. Vuoi il contatto schietto con la natura? Questo non manca di certo a Giglio Castello. Ci sono tanti sentieri appositi, percorribili tanto a piedi quanto in mountain bike. Se ci vai in primavera, allora il contesto che cerchi lo trovi. La stagione dei fiori per eccellenza è quella.
Infine, ti suggeriamo l’escursione a Montecristo, dai fondali granitici che hanno le branche, probabilmente. Poiché essi sono immersi nel mare. Facciamo dell'ironia, suvvia. Sappi che le capre selvatiche sono le padrone di casa. Così arriviamo a Giglio Castello già con il sorriso sulle labbra, sfatando la demonizzazione sui simpatici ovini. Dato che essa è frutto di una radicata ignoranza sia sociale che agroecologica.
Giglio Castello: assaporiamo il tradizionale Coniglio selvatico alla cacciatora?
Tra i prodotti tipici di Giglio Castello possiamo gustare ad esempio il Miele. E nello specifico il Panficato, un dolce realizzato con i fichi e la frutta secca. Tuttavia, in questo approfondimento abbiamo selezionato una ricetta tradizionale a base di carne, dall’inserto LA CUCINA TOSCANA IN 800 RICETTE de “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO”.
Di quale prelibatezza stiamo parlando? Del Coniglio selvatico alla cacciatora. Vediamo ora come procedere nella preparazione.
Giglio Castello: ecco gli ingredienti per la marinatura del Coniglio selvatico alla cacciatora
Allora, procuriamoci un coniglio, ovviamente. Ma non è detto che dobbiamo dargli la caccia noi. Anche uno acquistato da un macellaio di Giglio Castello va benissimo. Adesso prepariamo la marinatura in cui andiamo ad immergere il coniglio per un’intera notte.
In sostanza, la bagna deve contenere:
- Vino
- Aceto
- Mezza cipolla tagliata a fette
- Alcuni ciuffi di prezzemolo
- Un gambo di sedano
- Mezza carota tritata
- Un po’ di pepe e sale.
Prima di mettere il coniglio a marinare nella bagna, lo dobbiamo pulire e aprire, privandolo delle frattaglie. Queste ultime, però, non vanno gettate via perché ci serviranno in un passaggio della ricetta. Nel far questo, suggeriamo di utilizzare un coltello adeguato, per mezzo del quale praticare un taglio che mantenga integro il coniglio. Perché? Così facendo, assicuriamo la permeabilità della bagna che li insaporisce.
Naturalmente, se non hai dimestichezza con l’arte della macelleria, puoi rivolgerti al tuo macellaio di fiducia. Anche perché il rischio di tagliarti non è certo da sottovalutare.
Giglio Castello: quali sono i passaggi preliminari per la cottura del Coniglio selvatico alla cacciatora?
Trovandoci a Giglio Castello, seguiamo i passaggi tradizionali per la preparazione del Coniglio selvatico alla cacciatora. Nulla di complicato. Solo la pazienza necessaria richiesta in cucina. Qui, si sa, tutto (av)viene insaporito tra dolcezza e pepe.
Innanzitutto, prepariamo un soffritto avente:
- Olio d’oliva
- Battuto con due o tre spicchi d’aglio
- Medesime Erbe aromatiche della marinatura.
Dopodiché, tagliamo il coniglio a pezzi da infarinare e li mettiamo a rosolare nel soffritto. A questo punto, laviamo e aggiungiamo le frattaglie. In questo passaggio favoriamo la pulizia del fegato. Ma qui attenzione a rimuovere la vescichetta del fiele senza romperla, altrimenti essa conferirebbe un sapore sgradevolmente amarognolo.
Dopo alcuni minuti di cottura, è il momento di versare sul coniglio un po’ di marinatura precedentemente già preparata, in base alle dimensioni dell’animale. A questa, però, aggiungiamo dell’acqua insieme a tre pomodori pelati e privati dei semi.
Giglio Castello: qual è la cottura tradizionale del Coniglio selvatico alla cacciatora?
Come si cuoce, da tradizione, il Coniglio selvatico alla cacciatora di Giglio Castello? La cottura di questo piatto, svolta secondo il metodo tradizionale, richiede all’incirca due ore di tempo. Ma tutto dipende, ovviamente, dalla stazza del coniglio.
Per assicurarci una cottura ottimale, ricordiamo di cuocere il coniglio a fuoco moderato. E se il simpatico roditore rimane a secco, mentre si cuoce? Ricordiamo di assistere il procedimento della cottura, versando ogni tanto la marinatura. Quando di quest’ultima non ci rimane più neanche una goccia, possiamo sostituirla con del brodo o un po’ d’acqua.
Come si suol dire: Tutti siamo indispensabili ma nessuno è insostituibile. Un proverbio dall'etica morale discutibile, forse. Ma in tale contesto, esso ci aiuta a non fermarci nella preparazione della ricetta.
Al termine della cottura, insaporiamo il coniglio, spolverandolo con pepe e salandolo il giusto. Teniamo il sugo ben caldo, perché questo ci serve per impiattare la prelibatezza.
Giglio Castello: come serviamo il Coniglio selvatico alla cacciatora?
Eccoci giunti all’ultimo passaggio del Coniglio selvatico alla cacciatora. Badiamo alle regole per servirlo, fedeli alla tradizione di Giglio Castello. La scelta più semplice è quella di servire il coniglio su dei crostoni di pane abbrustoliti ed insaporiti con il suo sughetto. Ma esistono delle altre varianti in merito, quali:
- Letto di polenta gialla condita con la stessa marinatura;
- Pasta asciutta.
E restando in tema di varianti, il Coniglio selvatico alla cacciatora viene servito in altre zone, ma con delle differenze. Quali? Le olive nere, sia seccate che fresche, talvolta appassite nel forno. Tuttavia, l’impiego delle olive nere deriva da una tradizione umbra.
Così, con gusto, terminiamo l'articolo su Giglio Castello. Dove l’atmosfera ovina si mescola a quella del mare. Ti abbiamo accompagnato in quest’esperienza in cui La Terra è la vera protagonista.
Infine, ti salutiamo augurandoti di annusare fragranze d’allegria e tenacia terrestri. Sì, purché sull’onda delle tue sensazioni. Grazie per averci letto.